Dallo SPID alla IDN: l'infinita battaglia italiana sull'identità digitale

È il tema caldo di questi giorni: che ne sarà dello SPID? Cosa lo sostituirà e come funzionerà la nuova identità digitale? L'Italia, nonostante l'obiettivo dell'identità digitale europea sia fissato per il 2025 e questa data si avvicini quindi a grandi passi, si sta facendo trovare ancora una volta impreparata di fronte a quella che sembra una vera e propria rivoluzione.

SPID e CIE, cosa sono e che fine faranno

Al momento sono in uso diversi sistemi che si possono utilizzare per accedere ai servizi online della pubblica amministrazione. Uno è lo SPID, o Sistema pubblico di identità digitale, il quale è affidato a dieci fornitori, aziende private che lo erogano e ne curano la gestione. Queste sono Sielte, Telecom Italia Trust Technologies, Aruba Pec, In.Te.Sa, Lepida, Namirial, Poste italiane, Register, InfoCert e TeamSystem.

L'altro strumento è la CIE, o Carta d'identità digitale, dotata di un chip che contiene tutti i dati personali del cittadino. Questa, per essere utilizzata, necessita di un lettore apposito di cui non tutti gli utenti sono in possesso, motivo per cui le è stato spesso preferito lo Spid.

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L'attuale governo è però intenzionato a spegnere lo Spid, promuovendo la Carta d'identità digitale come unica identità digitale, nazionale e gestita dallo Stato. Tra i motivi c'è soprattutto la scadenza della convenzione tra le aziende private che gestiscono il Sistema pubblico di identità digitale e il governo, la quale è prevista per aprile. Ci sono inoltre motivazioni economiche e pratiche dietro la proposta del governo di abbandonare lo Spid e potenziare la CIE, rendendola non solo gratuita, ma anche più facile da rilasciare (anche da remoto) e da usare.

Nel momento in cui scriviamo sembra che si stia negoziando una proroga dell'uso dello Spid fino a giugno, ma se la trattativa dovesse andare a buon fine sorge comunque spontanea la domanda: e poi?

IDN e progetti europei: le prospettive future

Ci sono otto esperti che stanno studiando tutte le possibili soluzioni in termini di tecnologia ed innovazione, budget e fattibilità del progetto IDN, o Identità Digitale Nazionale. Una vera e propria task force che ha una missione da compiere a strettissimo giro: definire il futuro dell'identità digitale in Italia. La linea seguita dal governo sull'argomento sembra quella dell'inclusione più che dell'esclusione: lo Spid non dovrebbe essere eliminato del tutto, ma convergerebbe insieme alla Cie in un'app dedicata.

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Se tutto va secondo i piani, il governo sarebbe intenzionato a far partire una gara per il progetto IDN già in primavera. Si tratterebbe, però, solo di un primo step. L'obiettivo finale, non solo italiano, è quello di ottenere un'app che contenga tutti i dati personali dell'utente, valida a livello europeo e personalizzabile come era successo col Green Pass. L'identità digitale europea è quindi la direzione a cui puntare, e su questo la Commissione europea sta investendo moltissimo. È già in piedi un progetto nel quale sono confluiti grossissimi investimenti e che al momento è gestito da tre società informatiche, due danesi e una svedese.

L'Italia, al tavolo europeo delle trattative sull'identità digitale condivisa, si è mostrata poco partecipe e tutto l'impegno profuso nella creazione di una propria identità digitale nazionale rischia di farla trovare nel 2025 con uno strumento che potremmo definire un clone di quello richiesto dalla Commissione.


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